Un ex vecchio lupo-cantante di una città di mare, inopinatamente convertitosi a strat e scarponcini chiodati, finge allegria e barrè. (Illustrazione di Stefano Baratti) |
sono tristi: lo dicono
i cantanti delle città di mare
per giustificare le
loro nenie.
Non c’è un motivo specifico
per cui dovrebbero essere
tristi queste città.
Ma provate a contrariare
un cantante su questo
punto e lui si metterà
a piangere e a darvi dei pugni
sul naso.
Le città di mare sono
piene di dolore,
di tragedie, di brutture,
e in ciò sta il loro fascino,
dicono i cantanti delle
città di mare.
Voi gli dite: “Ma che cosa
ci trovate di fascinoso
in una cosa tipo
un camallo che rimane
schiacciato – buttacaso – da un container?”
Loro, per tutta risposta,
estraggono dal fodero la chitarra
e vi suonano (e vi cantano) una canzone
in la minore re minore mi (sia pur maggiore),
piena di parole che
fanno rima con puttina (come direbbe Tognazzi),
e che raccontano storie di
battine (come ribadirebbe Tognazzi) che
hanno odore di mare,
di marinai che si ubriacano,
entrano nei bar e spaccano tutto,
poi vanno con le mignatte (come insisterebbe imperterrito Tognazzi),
non le pagano, arrivano mignacciosi
i mignaccia e giù altre botte,
un finalino sulle ingiustizie
che devono subire le
ètere (come si ostinerebbe Tognazzi – malgrado la diffida), i marinai e
perfino i prosseneti;
e voi dovete applaudire,
altrimenti vi dicono che
siete cinici e vi danno
un pugno sulla testa.
I cantanti delle città
di mare sono sempre impegnati
a essere tristi e a
cercare nuove ricette
a base di pesce di cui vanno a parlare
in televisione.
Per questo non hanno
molto tempo per imparare
a suonare la chitarra.
Forse le canzoni dei cantanti
di città di mare sono
tristi solo perché sono
tutte in la minore re minore mi (benché maggiore).
Il giorno in cui i cantanti dovessero
imparare a fare il barrè,
c'è il serio rischio che la musica possa cambiare
e tendere a diventare inutilmente
allegra, inservibilmente
spensierata come certi canti
di montagna1.
1 Fra effetti collaterali: trasferimento di Ugo Tognazzi da Inferno a Purgatorio – sulla parola, non allarghiamoci.
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