venerdì 17 gennaio 2014

La ragazza con la porta accanto

Il mio appartamento si trova in fondo al corridoio, a sinistra.
Prima del mio appartamento, ce n’è forse un altro; ma non ne sono certo. Sono però certo che lì, ad ogni ora del giorno e della notte, c’è una ragazza, in piedi presso la porta, vestita di abiti modesti ma lindi, con un occhio tumefatto ed uno appena truccato, e con una costante colata di sangue dal naso, che certo le lorderebbe gli abiti se al naso non avesse applicata una cannula connessa alla bocca d’una tanica.
 

Nel dirigermi verso il mio appartamento, passo davanti alla ragazza, ma non ho quasi il coraggio di guardarla in volto. Lei, dal canto suo, non dice nulla; è sempre lì, presso l’uscio, non proprio davanti alla porta, ma un po’ a lato, con il suo sangue di naso, immobile d’un rigore mortale.
Inoltre, ho saputo – da uno del piano di sotto – che dietro quella porta non c’è un appartamento: non c’è nulla, la porta è dipinta sul muro.
Un altro, del piano di sopra, si è spinto a sostenere che anche la ragazza è dipinta sul muro.
Io dico che è impossibile.
Lui dice che è proprio così, che è dipinta in tridimensione.
Se così è – vado pensando io – si tratta di un lavoro fatto a regola d’arte.
Ad ogni modo, quella ragazza non dà noia a nessuno.
I suoi conti (affitto e spese condominiali) pare che siano a regola pure essi.
Una signora viene ogni tre o quattro giorni a svuotare la tanica colma di sangue.
Bene, dico io. Tutto a posto.
Lei vive la sua vita – con la porta accanto.
Una sola osservazione vorrei fare: temo che anche per lei, come per tutti noi, un giorno la pacchia finirà.

Tu, hai qualcosa da aggiungere?…

giovedì 16 gennaio 2014

Le prove contro il muro

Il muro non cede sotto i colpi dei suoi aguzzini
 (Le prove che anche i muri piangono – tutti, non solo quello di Gerusalemme –, solo che non lo danno a vedere? Sì, anche, ma soprattutto le prove che sono dei duri, i muri).

L’interrogatorio dura da due giorni e quattro notti. Il muro è ormai con le spalle al muro; sta per crollare sotto l’incalzare delle domande – questa è l’impressione generale. Ci sono prove inconfutabili contro il muro. Davvero? Se così è, il muro cederà, si sfalderà, andrà in pezzi, i suoi stessi mattoni si sbricioleranno; con una processione di carriole verrà quindi trasferito definitivamente in cella, nel braccio della morte dei muri; nell’attraversare i tetri corridoi di quelle segrete, i muri da anni in rassegnata attesa di esecuzione lo sbeffeggeranno: “Ave, murituri te salutant”.
Una volta raggranellatene le briciole, verrà rimesso in piedi da abili massoni affinché possa essere messo al muro nel pieno delle sue facoltà.

Il muro, contro il parere del suo avvocato d’ufficio, non si è avvalso della facoltà di non rispondere per non dare ai suoi aguzzini la soddisfazione di non poterlo martellare con la domanda: “Stiamo forse parlando a un muro?”
Lui non fa che ripetere: “Sì, state parlando a un muro”.
Stranamente non creduto, ogni volta si becca uno pugno in facciata dagli aguzzini. Una ventina di loro hanno il braccio ingessato. Ma non desistono. Fanno i turni: e a che servirebbe l’apposita Task Force Wall? Del resto acqua e sale non hanno sortito risultati (apprezzabili – come suole dire il calzolaio), se non quello di rinforzarlo.
Il muro è duro. Non è muro da pianto. Che ne sarà del muro?
Qualcuno ha pensato di rivolgersi agli specialisti berlinesi.
“Ma il muro”, dice il detective Moore, “deve arrivare integro alla meta”.

Qual è la meta? Nessuno, invero, lo sa.
Come si potrà procedere a questo punto? Nessuno invero azzarda.
Mettere il muro al muro? Colpirlo con una wrecking ball? E chi garantisce per l’incolumità del muro contro il quale dovrebbe essere messo il muro?
Il muro è duro. Il muro è grande. Strumenti di tortura e morte gli fanno il solletico.
Gli aguzzini non sanno dove sbattere la testa. Contro il muro, ovvio, non possono, data la presenza dell’avvocato. Ma le prove contro il muro sono pesanti come pietre, benché più grezze dei bei mattoni.

Ora, noi, Pubblica Opinione, chiediamo a voi Autorità, ve lo chiediamo con la cazzuola in mano: “Quousque tandem?”
Ma udiamo già vaghezze sibilare ventose fra le crepe:



Racconto facente parte di questa iniziativa para-social di storie in-finite.

domenica 12 gennaio 2014

Disjecta membra

(Illustrazione di Stefano Baratti)
(Néttàre di primavera)*


O happy day! quello devoto al riposo della guerriera, la feria di maggio, il mese più crudele per i spirti sporcherecci. Oh happy ephimero! ché tutto riprincipiava un giorno, massimo-massimo due appresso, molto ma molto similmente al mistero ciclico della Vita, della Natura, quale traspare dalle ipotesi degli inscindibili scientivuologi Pietro ed Adalberto Agnola.
*
Il dottor Martire Di Cogliano, che, come dichiarano le note da lui stesso forniteci, “io (...) parvi venuto al contristato mondo con le stimmate di questo nome”, a dispetto di grandi traversie personali (non ultimo il discutibilissimo allontanamento dal Dipartimento di Letteratura Italiana dell’Università ****** di ********), nell’attesa della conclusione di un corso di webmaster atto a conferirgli le capacità necessarie all’apertura e gestione di un blog che gli consentirà di perseguire la causa culturale intrapresa, ci ha cortesemente pregati di ospitare il “frutto del peccato” che gli è valso l’esilio dal mondo accademico. Abbiamo dunque qui dato ricetto all’inedito di Carlo Emilio Gadda sulla cui edizione critica il Di Cogliano ha lavorato nell’ultimo quarto di secolo e passa (e passerà). Risale invero al 1979 il rinvenimento dello scartafaccio A3 (i convenzionalmente denominati A1 e A2, notori, appartengono tuttora alla casa editrice G******i) – in modi e in luogo che il dottore deve tacere; nondimeno, egli assicura, in concerto di circostanze massimamente oneste – contenente Néttàre di primavera, molto probabilmente uno scritto isolato, destinato a rimanere disjectum membrum per ragioni le più svariate. Ora, per far corte le vie: i contestatori del Di Cogliano sembrano avere gioco facile nell’indicizzare le “lapalissiane” manipolazioni del testo imputate al dottore di ********: ovvie, dicono, quelle che contraddicono il tempo ai passaggi dove si menzionano gli “atomici scientivuologi Pietro ed Adalberto Agnola”, men che considerabile, inoltre, il “... poltergeistico deliro stephenkinghiano...”, laddove, alla morte del Gadda (21 di maggio del 1973), il King era ad un anno dal pubblicare il suo primo romanzo, Carrie (primavera 1974) e quindi dal conseguimento di notorietà planetaria; quanto al “pasticchio” coinvolgente il movimento ecumenico scientology in cui s’incastra l’ardita lettura democriteo-leucippica della celebre coppia-clone che “medio televisivo devolga le scienze” (M.D.C.), se ha d’esserci un marchio definitivo su questa “infamia falsificatoria”, sia pure questo – dichiara il professor ****** **********, Direttore del Dipartimento, che a suo tempo controfirmò il provvedimento a carico del Di Cogliano. Replica pazientemente il Di Cogliano: Dianetics: The Modern Science of Mental Health, l’opera prima di L. Ron Hubbard, fu data alle stampe nel 1950; Gadda ebbe tutto il tempo a disposizione per venire a conoscenza dei principi del safo statunitense. Andando a ritroso: in un curioso pamphlet redatto dall’ex direttore della Fogler Library dell’Università di Orono, Maine, USA, e donato al King (che in quella biblioteca aveva prestato opera intorno al 1970) in occasione di una reunion a carattere semiprivato di ex studenti della detta Università, si ricorda come il King fu letteralmente colpito (il volume gli precipitò in capo da uno scaffale) da un’edizione di Acquainted with Grief, ossia La cognizione del dolore, che egli lesse con avido interesse, rimanendo “bewitched”, cioè stregato, dalla maestria dissimulatoria con cui il Gadda tinge di giallo la (non) conclusione del romancio, al punto che, lui, il futuro mastro del thriller, non poté trattenersi dallo scrivere allo scrittore due lettere: la prima, in cui chiedeva se il figlio fosse l’assassino della madre; la seconda, nella quale chiedeva scusa per la stupidità della prima lettera, allegandovi un proprio canovaccio di novella (forse Carrie stessa?), che il Gadda lesse e non apprezzò; diede tuttavia riscontro epistolare al giovane King, esponendo – nei suoi notori timidi modi – le ragioni della propria incapacità d’apprezzamento dello scritto del King. La lettera dovrebbe essere stata conservata dallo scrittore americano.

Ma l’Agnola: accadde dunque che, alla fine di luglio del 1969, sull’entusiastica onda selenica, il corrispondente unico della RAI – Radio e Televisione Italiane – da Nuova York, Ruggiero Orlando, consigliasse/convincesse, con oscuri allettamenti, il dottor Pietro Agnola (all’epoca corrispondente-pendolare da Parigi-Brusselle), a trovar requie imbucandosi nel palinsensto relativamente scoperto del (diciamo) “dipartimento scientifico” dell’Azienda radiofonica e televisiva statale. In una confusa, arbitraria, etilica, interminabile telefonata, Orlando indirizzò l’Agnola verso una sorta di mentore televisivo esterno, uomo di mani in pasta, di cui tuttavia stentava a ricordare il nome, e la qualifica, e l’età, e la fazione politica, e la professione anagrafica; sembravagli, poi, col passare dei minuti, che dovesse essere uno scrittore, un di quei contributori esterni della fatta di Mario Soldati; ormai naufraganti le speranze dell’Agnola, Orlando esplose il primo liberatorio nome che gli si diradò nella mente: Gadda, disse, è il suo nome. Agnola dubitando di un simile referente per questioni lunari, tuttavia ottenne rendez-vous con Carlo Emilio Gadda; dal quale si recò sentendosi molto onorato, ché sapea il Gadda essere uno scrittorone grandioso; il quale, col suo solo alito, avrebbe infuso padrepiamente nel piccolo Adalberto di anni 7 (già non lo fregavi a dirgli che il sole il gira ’torno la terra!, né che la balena la è un pesciolone!) principii grammaticali e sintattici che non fan male a puntellar il linguaggio se pur nelle stelle hanno scritto che diverrai uomo di sapere archeo-paleonto-bio-cosmo-etcoeterologico. Fu un mesto, silenzioso, vano incontro: non trovavi verso a far intendere al Gadda che cosa quei due parenti siamesi desiderassero da lui; il dottor Pietro Agnola iniziando a capire d’aver sbagliato orbita, nello sbrodarsi in scuse non petite sembrava farsi scudo col piccolo Adalberto, chiedendo per lui buffetti di guancia, di un’eventuale furia di Gadda, che però non si concretò; e il Gadda, l’Agnola, provava a intenerirselo con visioni belle del futuribile figliolo calcante le orme del padre Calcante, in un tempo a venire che suonava già stato, forse statico, immobile, incancellabile come l’orme degli astronauti che non van via neanche a furia di tempeste cosmiche o spaziali o come si dice, disse il dottor Agnola, che aveva ogni intenzione di informarsi di come si dice. Il Gadda, enorme e soffice, li accompagnò alla porta, odiosamente negando un buffetto al piccolo.

Il dottor Di Cogliano ha sinora esibito vanamente le sue prove (tra cui un corto dattiloscritto, attribuito a Gadda e datato 3 agosto 1969, nel quale si abbozza una esagerata versione dell’avventura occorsagli). Verrà Dike a fargli visita? Per il momento egli, a memoria umana, può vantare l’unicità mondiale di condannato per insufficienza di prove.


* Essendo questo scritto disjectum membrum di disjectum membrum. Qui la situazione completa

sabato 4 gennaio 2014

Applicazioni tecniche del linguaggio osceno

Come dire?… In qualche modo. Detto questo, (Penguins do it better, Italians do it best)



Come dire?…”, disse X.
“In qualche modo”, suggerì Y.
“Assolutamente”, concordò X.
“Detto questo”, riprese Y, “come dire…”
“In qualche modo”, precisò X.
“Assolutamente… voglio dire…” volle dire Y, “francamente… se vogliamo…” voleva volere, sempre Y.
“Veda”, congiuntivesortativò X, “come dire…” comedisse X. “Sinceramente credo che è un… come dire…”
“Assolutamente”, assolutizzò Y. “Detto questo”, questodisse, “francamente, io ritengo che è…” ritenne che era.
“Resta il fatto…” restò il fatto X.
“Un momento, non mi interrompa, che io non l’ho interrotto”, interrotte Y.
“Ci mancherebbe”, eventualizzò X. “Detto questo…”
“No, comunque in qualche misura lei mi ha interrotta… ad ogni modo…”
“Si figuri”, ordinò X.
“Non c’è di che”, non ci fu di che Y.
“Dicevo…” diceva X. “Ho perso il filo…” perdette il filo, ma lo ritrovò, a quanto parvette. “Dicevo… Se è vero come è vero che – diciamocelo – …”, se lo disse X.
“Assolutamente sì”.
“Voglio dire: serriamo le fila… come dire?…” comedicette X.
“Serriamo le fila”, spiegò come dire serriamo le fila Y.
“Detto questo… e non vorrei perdere di nuovo le file del discorso, e via discorrendo…” discorse X.
“Lei ha perfettamente ragione, anche perché io sono uno che dico… come dire…”
“In qualche modo?”
“Assolutamente… Veda… io penso che oggi come oggi il focus è …” ebbe Y.
“Ma ci mancherebbe!” esclamipotizzò X.
“Come ripeto”, non ripeté Y, “… ma non vorrei ripetermi”, si ripetette Y, “nel senso che…”
“Assolutamente no, non gliel’ha mica ordinato il medico, vivaddio!”
Dio visse.
Ma non solo.
Dio disse. Disse a uno che passava di lì con un RPG: “Come dire…”
“In qualche modo”, lo rassicurò quello che passava di lì.
Detto questo, passò di là.
Le due incognite non ebbero nemmeno il tempo di dire “piuttosto che”.


Il video dei pinguini intelligenti ▲ che hanno imparato a usare il linguaggio dei talk-show (tolc sciò) e dei TG .

mercoledì 1 gennaio 2014

Tragedie (e drammi) di Capodanno

Precediamo il tradizionale bollettino botti e disgrazie di Capodanno, notificatoci dalle brave e belle giornaliste del TG meridiano che gode del più alto indice di gradimento presso le famiglie italiane e che può vantare il più sofisticato senso del macabro, con due incredibili e fatali eventi all’inizio del tunnel del 2014.

Il delitto non del tutto imperfetto

Danilo R., un uomo di anni 45 portati sufficientemente bene grazie all’esercizio fisico e mentale, consistenti – il primo – nella manutenzione di armi da fuoco di precisione e nella passione – il secondo – per il reenactment di dolorosi ma necessari episodi storici (pare avesse già pronto il biglietto aereo per Dallas, dove – secondo quanto sostengono i vicini – intendeva appostarsi, in compagnia di un Carcano M91/38, a un piano alto del Texas School Book Depository in Dealey Plaza in attesa del passaggio del motorcade presidenziale di cui avrebbe fatto immancabilmente parte il Kennedy John – egli credendo fortemente nella reincarnazione e vichianamente nella ciclicità della storia, sempre secondo le affermazioni dei vicini; ma, a parte questo, dichiara forse faziosamente una vicina, era un uomo delizioso), viceversa subitaneamente accecato,  ammutolito e assordato dalla – a quanto pare – gelosia, la notte di San Silvestro (o forse la mattina di San Chiaro, Abate di S. Marcello di Vienne; San Frodoberto, Abate di Moutier-La Celle; San Fulgenzio di Ruspe, Vescovo; San Sigismondo [Zygmunt] Gorazdowski, Sacerdote; Sant’Almachio, Martire; Sant’Eugendo, Abate di Condat; Sant’Odilone di Cluny, Abate; Santa Zdislava, Madre di famiglia – secondo il sito santeparole.it) avrebbe martoriato a morte la convivente, Ombretta N., di anni 59 da compiere, a nutriti colpi d’ascia.
Giunte sul luogo del carnaio, le forze dell’ordine hanno potuto constatare la morte della N. non prima di averle preso il polso (per fortuna già staccato) e posto uno specchietto davanti alla bocca.
Danilo R., tradotto in una galera, si è detto (a segni) sereno e fiducioso nella giustizia.
Serenità e fiducia mai furono meglio ripagate: l’immediata autopsia sulla povera vittima, infatti, ha stabilito che la stessa è deceduta per un’improvvisa complicazione polmonare subentrata 8 secondi prima dell’attentato compiuto dal convivente.
Danilo R. è stato immediatamente scarcerato e già in mattinata del 1° gennaio ha potuto ricongiungersi con la sua seconda convivente, Asfodelia S., di anni 62, sofferente di una non grave forma di mania persecutiva e persecutoria.

Danilo R. in posa con i suoi gioielli.

Fonti vicine ai vicini forniscono una versione alquanto differente della tragedia (o dramma), come riferisce la bella multi-inviata dei TG 1, 2, 3, 4, 5, 7 (il 6 risulta ancora latente) anche quest’anno in lizza per l’alloro nel campionato italiano delle telegiornaliste, lodevole iniziativa indetta da un sito internet che, pur avendo, in teoria, molte altre cose di cui occuparsi, gestisce con successo la manifestazione di bellezza e bravura giunta ormai alla sua vigesima edizione.
A delicata ma pregnante domanda della corrispondente di massacri e drammi (o tragedie) della gelosia, risponde infatti il vicino Sòstene P., fonte giudicata attendibile dall’olfatto giornalistico della candidata Miss TG: “No, guardi, l’era un uomo tranquillo quello, più di John Wayne. A parte ’sta passione per le armi, insomma. Se vuole che gli dico la mia, signorina, secondo me gli è venuta una crisi come una rabbia, si potrebbe dire – se posso dire – contro la tennologia, che lui ci si sentiva un poco schiavo. Per questo ha sbrigato la faccenda con l’assia, e no col fusìl”.
“Ma a parte questo”, incalza professionalmente l’inviata, “lei cosa si sente di aggiungere?”
“Ma, veda – sempre se posso dire la mia – a mio modo di vedere ’l guardava troppi TG”.
“No, non può dire la sua”, conclude poeticamente la telegiornalista, per restituire la linea allo studio, dove un’altra telegiornalista (che l’anno scorso si è qualificata terza al campionato), dopo aver commentato “Bene. Ma voltiamo decisamente pagina”, ci informa su una seconda tragica fatalità occorsa la notte di San Silvestro (o forse la mattina dei santi di cui sopra).



Fatalità (o tragica bravata?) nel mondo dello spettacolo

Tragica fine di Rozzha Xexxa, attrice di pellicole per soli grandi. Forse perché a lungo emarginata dal mondo dello spettacolo o non sufficientemente valorizzata, aveva deciso di prendersi una rivalsa con lo stabilire il record planetario di rapportarsi con più partner contemporaneamente (per quanti non lo sapessero, situazione tecnicamente nota nel mondo dello spettacolo come “ghenga-benga”) nella speranza di un futuro migliore e più equo.
Tutto essendo stato predisposto per l’evento la notte di San Silvestro (o di Santa Colomba di Sens, Vergine e martire; Santa Donata e compagne, Martire [sic!] a Roma; Santa Melania la Giovane, Penitente; Santa Paolina, Vergine e martire, secondo il sito santeparole.it, in contrasto con sito santiebeati.it, che annovera, fra gli altri, anche san Zotico, sacerdote, che provvide al sostentamento degli orfani; Beato Domenico de Cubells, predicatore mercedario; San Barbaziano di Ravenna, pure egli sacerdote; e altri), l’evento si è svolto ogni cosa parendo andare, lì per lì, per il verso giusto.

Rozzha sarebbe infallibilmente entrata nel guinness dei primati se solo, dopo l’atto o atti, ciascuno dei 412 uomini non avesse voluto fumare una sigaretta, pretendendo per altro che Rozzha, a sua volta, fumasse un sigaretta con ognuno di loro a gesto d’amore consumato.
Sventuratamente, i partecipanti all’impresa (tutti volontari, stando a fonti vicine al mondo dello spettacolo) sono morti asfissiati dal fumo esalato dalle 412 sigarette, mentre Rozzha è decessa, per conto proprio, alla 78a sigaretta.

 
Rozzha Xexxa ai tempi on cui non aveva contratto
il vizio del fumo.

Gli inquirenti, dopo aver sequestrato i videonastri documentanti l’evento con l’intento di vederci chiaro, si sono dovuti arrendere alla non evidenza del fatto determinata dalla spessissima coltre di fumo predominante nel locale dove ha avuto luogo la tragica bravata.
Ma voltiamo decisamente pagina.










Una telegiornalista impegnata in una prova di bravura e bellezza
in una delle prime edizioni del
campionato delle telegiornaliste

Illustrazioni di Stefano Baratti