(Prima parte)
Non
potendo, a causa dei miei fitti, pressanti, spesso ingombranti impegni,
accudire degnamente alle faccende di casa, mi sono deciso ad assumere un uomo
di servizio. Ho rinunciato ad assumere una donna perché, data la mia posizione
– se sapeste qual è la mia posizione…–, so che le malelingue avrebbero di che
malignare circa una mia tenuta in poco conto della donna (misoginia sarebbe
eccessivo, anche se eccedere è il loro mestiere). Meglio, piuttosto, che esse
facciano circolare un altro genere di voce calunniosa. Non saprei dire se
questa voce è già in viaggio. Non m’importa. Ciò che mi sta a cuore mi pare sia
chiaro.
Quest’uomo
di servizio – non mi ha mai specificato se la definizione “domestico” lo
urterebbe, perciò, nell’incertezza, giurai a me stesso che, in nessuna
evenienza, in nessun caso, avrei usato questo appellativo nel riferirmi a lui –
ha un nome e un cognome. Che non posso rivelare. In primo luogo perché egli ha
diritto alla sua intimità (evito dispettosamente l’anglicismo d’obbligo). In
secondo, ma non meno importante, perché li ignoro.
Sì,
ho sentito la domanda. Ed ecco la risposta: non sono divorziato, né separato.
Sì, ho vissuto per qualche tempo con una donna (nemmeno sotto tortura mi
caverete di bocca quel termine, abusato, che indica, in sostanza, una
concubina. Quel termine che fino a pochi anni fa usavano i comunisti fra di
loro, e che ora i loro eredi si sono aboliti di bocca. Pubblicamente. So di già
comunisti che continuano a rivolgersi quel termine in privato, tutt’al più in
luoghi pubblici poco frequentati, e comunque badano a tenere la voce bassa.
Sussurrano: “Come va, caro ***?” “Non c’è male, ***”. Non ce l’ho con i
comunisti. Tutt’altro. Beh, forse “tutt’altro” è esagerato o addirittura non è
il caso. Stabiliamo una volta per sempre che non ho niente contro i comunisti.
Soprattutto perché non esistono più, si contrabbanda. Ma io ho motivo di
ritenere che esistono eccome. Solo che hanno bandito – parzialmente – quella
parola e hanno abolito il colore rosso. A me il rosso piace. Non lo avrei
abolito, se fossi stato nei panni dei comunisti o, meglio, in quelli dei loro
eredi. In casa mia il rosso abbonda. Qualche esempio? D’accordo: alcune tende,
divano – ma più sul bordeaux – due belle seggiole in cucina: scarlatte,
tendenti all’elettrico. In bagno c’è del rosso… Ecco, esattamente. Io stesso
posseggo almeno due cravatte rosse e un
pullover rosso, di gradazione diversa.
Visto?
Quella
donna, dicevo. I nostri contrasti erano troppo acuti, questo è vero, ma lei se
andò di casa insieme alla domestica. Improvvisamente. Mi aveva accennato alla
possibilità di un abbandono. Ma non avrei mai immaginato che mi avrebbe
disertato portandosi dietro anche la donna di servizio – che lei, la mia
convivente, aveva assunto senza gli scrupoli che in seguito mi sarei fatto io
rispetto all’uomo di servizio che ora si occupa delle faccende cui io,
personalmente, non posso far fronte per via dei miei intensi, straordinari imp…
(Questo l’ho già detto. Scusate. È l’età. Non la mia: quella del mio
collaboratore. Non so quanti anni abbia. Non glielo chiederei nemmeno sotto
tortura, sua o di altri). Egli è intitolato – lo ribadisco – al suo riserbo.
Stretto.
Quella
donna, se posso: mi piantò in asso senza preavviso. Una mattina uscì di casa insieme
alla donna di servizio e la sera non rientrò. Né il giorno dopo, la settimana
dopo, il mese e l’anno dopo. Sono due anni. Non avvisai le autorità. E feci
bene, perché tutti sapevano già che quella donna era svanita nell’aria fina
insieme all’altra. I maldicenti non esitarono: una delle due si era innamorata
dell’altra. Io so che non è così. Temo che la mia concubina fosse gelosa folle,
vedesse un amorazzo fra me e la donna di servizio. Io ho la quasi certezza che
l’abbia assassinata e fatta sparire: mettiamo nell’aria fina, in una palude o
nell’acido. Ma deve essere successo qualcosa del genere. Non apro una parentesi
per tre sole ma ottime ragioni: mi troverei la polizia per casa, uno; sarei
internato, due; non sono uno scrittore di polizieschi, tre.
Quest’uomo, dicevo: ►
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